Litografie di Chagall e Mirò per aiutare l’hospice di Airuno
Litografie di Marc Chagall e Juan Mirò per aiutare “Il Nespolo”, l’hospice di Airuno gestito dall’associazione Fabio Sassi. Ieri, all’Officina Badoni di corso Matteotti a Lecco, il primo atto con la presentazione dell’iniziative, l’esposizione delle opere a disposizione e già l’avvio della vendita che proseguirà poi nei prossimi giorni. Dal 3 al 12 novembre, inoltre, sarà possibile rivolgersi alla Galleria Bellinzona di via Visconti 12 a Lecco (dalle 14:30 alle 19), mentre la un’altra serata pubblica è in calendario per il 15 novembre alla meratese Villa Lavizzari. Il ricavato della vendita andrò appunto al “Nespolo” per il rifacimento di tutti i serramenti dell’edificio.

Ieri, Oreste Bellinzona non era presente, ma è stato il presidente del sodalizio, Giancarlo Ferrario, a tributargli un caloroso ringraziamento, perché è stato proprio il noto gallerista lecchese a decidere di donare oltre un centinaio di litografie dopo aver conosciuto «l’Associazione Fabio Sassi grazie alla sofferta testimonianza di alcuni miei veri amici che in occasione di una loro tragedia familiare sono entrati in contatto con la grande professionalità e umanità dell’hospice “Il Nespolo” di Airuno» come egli stesso ha scritto nei giorni scorsi nel biglietto d’invito.

E’ stata poi la vice presidente della “Fabio Sassi”, Marisa Corradini, a parlare del “Nespolo” e dei suoi bisogni: «L’associazione è nata 33 anni fa su iniziativa della famiglia Sassi, dopo essere stata colpita da un grave lutto, un giovane uomo morto di cancro, che era stato assistito dal dottor Mauro Marinari, anestesista dell’ospedale di Merate. Inizialmente, l’associazione si occupava di seguire i malati con cure palliative e assistenza a domicilio. Ma dopo un po’ ci si è resi conto che serviva anche altro. E allora si è deciso di costruire l’hospice. Ci sono voluti nove anni, tutto il territorio è stato mobilitato. Oggi l’hospice esiste da 23 anni, dispone di 12 stanze che ospitano malati inguaribili e si occupa non solo di curare la malattia, ma anche di assicurare una vicinanza, un’assistenza psicologica e spirituale. E non ci sono solo infermieri e operatori sociosanitari, ma anche 246 volontari presenti in struttura 365 giorni all’anno. Si continua con le cure palliative, si assistono malati di sla, si fa opera di sensibilizzazione nelle scuole e si offre un supporto al lutto dei famigliari. E tutto cioò lo si fornisce gratis. Il contributo regionale copre i due terzi delle nostre spese, il resto arriva dalle donazioni. Adesso la struttura comincia ad avere bisogno di interventi di manutenzione. Un intervento improrogabile è la sostituzione dei serramenti per garantire più sicurezza, comfort e risparmio energetico. Un intervento del costo di duecentomila euro. La Fondazione comunitaria del Lecchese, attraverso un bando, ci garantisce 100mila euro se riusciremo a raccogliere per conto nostro gli altri 100mila. E’ una campagna che abbiamo avviato dal maggio scorso e l’abbiamo chiamata “Un’altra luce lo stesso orizzonte”.»

All’incontro hanno portato il loro saluto anche il sindaco lecchese Mauro Gattinoni e il prevosto don Bortolo Uberti.
Gattinoni, rivolgendosi direttamente agli esponenti della “Fabio Sassi” ha detto: «Quando siete partiti siete stati dei pionieri, non soltanto per la dimensione scientifica, ma anche per quella umana. Quindi l’invito a tutti a essere generosi viene di conseguenza. Perché ogni donazione destinata a voi in realtà è destinata a tutti noi. E’ un servizio utile a molte famiglie. Credo quindi che aprire il cuore, lo sguardo e anche il portafoglio sia una cosa opportuna.»
Don Uberti ha parlato della bellezza della cura che incontra la bellezza dell’arte e della bellezza di una persona c’è fino alla fine, perché la vita di una persona non è meno bella quando diventa fragile. «Ha detto bene Marisa Corradini – ha aggiunto – parlando di malattie inguaribili anziché incurabili, perché non ci sono malati incurabili, la cura serve fino alla fine. In queste litografie ci sono i lavori di Chagall per illustrare la Bibbia e ciò ci suggerisce che la vita di una persona è sempre qualcosa di sacro. E allora un orizzonte diventa una breccia, una porta che si apre ed è quanto si verifica stasera.»
L’attenzione si è poi rivolta a Michele Tavola, in passato assessore alla cultura a Lecco e ora funzionario della Regione Lombardia per il settore artistico dopo essere stato per qualche anno alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Tavola ha voluto spiegare come le litografie non siano opere secondarie, ma autentici originali che, rispetto ai quadri, hanno cifre abbordabili da chiunque.
«L’originalità della grafica – ha detto – è semplice, precisa e non equivocabile. L’opera è originale quando l’artista la crea personalmente non affidandola a propri collaboratori, anche incidendo e disegnando una matrice che poi viene inchiostrata e riprodotta. Il numero di tiratura è una cosa che riguarda il mercato, il collezionista o il feticista. Di un’opera ci possono dieci e mille esemplari, il numero influirà poi sul costo del mercato. Ma a noi questo non interessa.»

Ha poi continuato: «La stampa è un intervento democratico. La grafica, da Gutenberg in poi, serviva per diffondere le immagini, il sapere, la cultura. Non c’era altro modo. Non si può spostare la Cappella Sistina. La grafica in più esemplari consente di avere prezzi inferiori. Fa sognare perché permette a tutti di avere pezzi da museo. A metà del Novecento, a Parigi, alcuni editori hanno avuto l’idea di stampare riviste o libri a centinaia e migliaia di copie inserendo in ciascuno una litografia originale. Era così possibile acquistarla al prezzo di una bottiglia di champagne o di un taglio di capelli a Saint German de Pres. Ricordiamo, per esempio Aimé Maeght che pubblicò la rivista “Dernier Mirroir” che consentiva anche a uno studente squattrinato di comprare opere dei maggiori pittori. Un altro fu il greco dal nome impronunciabile (Stratis Eleftheriades) conosciuto meglio come Tériade, critico d’arte che pubblicò la rivista “Verve” un numero speciale del quale divenne un libro d’artista con la Bibbia di Chagall.»

Giancarlo Ferrario e Michele Tavola
Ieri, Oreste Bellinzona non era presente, ma è stato il presidente del sodalizio, Giancarlo Ferrario, a tributargli un caloroso ringraziamento, perché è stato proprio il noto gallerista lecchese a decidere di donare oltre un centinaio di litografie dopo aver conosciuto «l’Associazione Fabio Sassi grazie alla sofferta testimonianza di alcuni miei veri amici che in occasione di una loro tragedia familiare sono entrati in contatto con la grande professionalità e umanità dell’hospice “Il Nespolo” di Airuno» come egli stesso ha scritto nei giorni scorsi nel biglietto d’invito.

Don Bortolo Uberti
E’ stata poi la vice presidente della “Fabio Sassi”, Marisa Corradini, a parlare del “Nespolo” e dei suoi bisogni: «L’associazione è nata 33 anni fa su iniziativa della famiglia Sassi, dopo essere stata colpita da un grave lutto, un giovane uomo morto di cancro, che era stato assistito dal dottor Mauro Marinari, anestesista dell’ospedale di Merate. Inizialmente, l’associazione si occupava di seguire i malati con cure palliative e assistenza a domicilio. Ma dopo un po’ ci si è resi conto che serviva anche altro. E allora si è deciso di costruire l’hospice. Ci sono voluti nove anni, tutto il territorio è stato mobilitato. Oggi l’hospice esiste da 23 anni, dispone di 12 stanze che ospitano malati inguaribili e si occupa non solo di curare la malattia, ma anche di assicurare una vicinanza, un’assistenza psicologica e spirituale. E non ci sono solo infermieri e operatori sociosanitari, ma anche 246 volontari presenti in struttura 365 giorni all’anno. Si continua con le cure palliative, si assistono malati di sla, si fa opera di sensibilizzazione nelle scuole e si offre un supporto al lutto dei famigliari. E tutto cioò lo si fornisce gratis. Il contributo regionale copre i due terzi delle nostre spese, il resto arriva dalle donazioni. Adesso la struttura comincia ad avere bisogno di interventi di manutenzione. Un intervento improrogabile è la sostituzione dei serramenti per garantire più sicurezza, comfort e risparmio energetico. Un intervento del costo di duecentomila euro. La Fondazione comunitaria del Lecchese, attraverso un bando, ci garantisce 100mila euro se riusciremo a raccogliere per conto nostro gli altri 100mila. E’ una campagna che abbiamo avviato dal maggio scorso e l’abbiamo chiamata “Un’altra luce lo stesso orizzonte”.»

All’incontro hanno portato il loro saluto anche il sindaco lecchese Mauro Gattinoni e il prevosto don Bortolo Uberti.
Gattinoni, rivolgendosi direttamente agli esponenti della “Fabio Sassi” ha detto: «Quando siete partiti siete stati dei pionieri, non soltanto per la dimensione scientifica, ma anche per quella umana. Quindi l’invito a tutti a essere generosi viene di conseguenza. Perché ogni donazione destinata a voi in realtà è destinata a tutti noi. E’ un servizio utile a molte famiglie. Credo quindi che aprire il cuore, lo sguardo e anche il portafoglio sia una cosa opportuna.»
Don Uberti ha parlato della bellezza della cura che incontra la bellezza dell’arte e della bellezza di una persona c’è fino alla fine, perché la vita di una persona non è meno bella quando diventa fragile. «Ha detto bene Marisa Corradini – ha aggiunto – parlando di malattie inguaribili anziché incurabili, perché non ci sono malati incurabili, la cura serve fino alla fine. In queste litografie ci sono i lavori di Chagall per illustrare la Bibbia e ciò ci suggerisce che la vita di una persona è sempre qualcosa di sacro. E allora un orizzonte diventa una breccia, una porta che si apre ed è quanto si verifica stasera.»
L’attenzione si è poi rivolta a Michele Tavola, in passato assessore alla cultura a Lecco e ora funzionario della Regione Lombardia per il settore artistico dopo essere stato per qualche anno alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Tavola ha voluto spiegare come le litografie non siano opere secondarie, ma autentici originali che, rispetto ai quadri, hanno cifre abbordabili da chiunque.
«L’originalità della grafica – ha detto – è semplice, precisa e non equivocabile. L’opera è originale quando l’artista la crea personalmente non affidandola a propri collaboratori, anche incidendo e disegnando una matrice che poi viene inchiostrata e riprodotta. Il numero di tiratura è una cosa che riguarda il mercato, il collezionista o il feticista. Di un’opera ci possono dieci e mille esemplari, il numero influirà poi sul costo del mercato. Ma a noi questo non interessa.»

Ha poi continuato: «La stampa è un intervento democratico. La grafica, da Gutenberg in poi, serviva per diffondere le immagini, il sapere, la cultura. Non c’era altro modo. Non si può spostare la Cappella Sistina. La grafica in più esemplari consente di avere prezzi inferiori. Fa sognare perché permette a tutti di avere pezzi da museo. A metà del Novecento, a Parigi, alcuni editori hanno avuto l’idea di stampare riviste o libri a centinaia e migliaia di copie inserendo in ciascuno una litografia originale. Era così possibile acquistarla al prezzo di una bottiglia di champagne o di un taglio di capelli a Saint German de Pres. Ricordiamo, per esempio Aimé Maeght che pubblicò la rivista “Dernier Mirroir” che consentiva anche a uno studente squattrinato di comprare opere dei maggiori pittori. Un altro fu il greco dal nome impronunciabile (Stratis Eleftheriades) conosciuto meglio come Tériade, critico d’arte che pubblicò la rivista “Verve” un numero speciale del quale divenne un libro d’artista con la Bibbia di Chagall.»
D.C.














