Lecco: un intenso dibattito su carcere e giustizia riparativa

Una serata densa di ascolto, riflessione e umanità ha riunito al Palazzo delle Paure di Lecco esponenti del mondo istituzionale, penitenziario e civile, in un dialogo che ha toccato il cuore del tema: la giustizia riparativa. Un incontro promosso dal Tavolo lecchese per la Giustizia Riparativa, capace di trasformare esperienze e racconti in un confronto vivo, reale, che non resta tra le pagine dei libri ma si fa cammino condiviso.
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I relatori intervenuti alla serata

A condurre il dialogo e a tessere le voci dei partecipanti è stato Lucio Farina, garante dei diritti delle persone private della libertà a Lecco e direttore del Centro di Servizio per il Volontariato di Monza, Lecco e Sondrio, che ha aperto l’incontro ricordando come la giustizia tradizionale, quella che si estrinseca nella pena detentiva, non possa prescindere dall’attenzione verso la persona: ''Il problema del carcere non è solo la pena, ma anche lo stigma; servono coraggio e trasparenza per garantire diritti e reinserimento''.
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Farina ha sottolineato l’importanza di osservare il sistema penitenziario con occhi aperti, capaci di coglierne complessità e fragilità, e di integrare pratiche come la giustizia riparativa per costruire legami e responsabilità reciproca.
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Luisa Bove, autrice e giornalista per la Diocesi Ambrosiana, ha portato il suo contributo riflettendo sul libro Respiro. Il carcere oggi tra condanna e riscatto. Bove ha spiegato come il concetto di “respiro” rappresenti la possibilità di riprendere la propria vita, anche all’interno di contesti difficili come il carcere: ''Respiro è ciò che ti viene tolto quando entri in carcere, ma che puoi riappropriarti facendo un percorso, crescendo e guardando al futuro. È un libro a cui tengo molto perché va oltre le storie individuali, racconta percorsi di rinascita e reinserimento e approfondisce temi come la salute mentale e la giustizia riparativa''.
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Luisa Mattina, direttrice della Casa Circondariale di Lecco, ha approfondito la dimensione organizzativa e sociale della pena detentiva, evidenziando come il carcere sia un microcosmo complesso in cui occorre gestire sicurezza, diritti e percorsi di reinserimento. Ha spiegato come il lavoro all’interno della struttura vada oltre la custodia e la vigilanza, comprendendo formazione, lavoro, sostegno psicologico e percorsi di responsabilizzazione.
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''Il nostro obiettivo è creare comunità dentro e fuori le mura. Non si tratta solo di far scontare una pena, ma di garantire che chi esce dal carcere abbia strumenti concreti per vivere in maniera responsabile nella società''. Mattina ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra istituzioni, associazioni e cittadini, per costruire percorsi personalizzati e supportare le persone detenute anche dopo l’uscita.
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Maria Trimarchi, direttrice dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Como, Lecco e Sondrio, ha raccontato il punto di vista dell’esecuzione penale fuori dal carcere, spiegando come la giustizia riparativa intervenga nel tessuto sociale: ''Il reato non colpisce solo chi lo subisce direttamente, ma intere famiglie e comunità. Gli autori di reato spesso percepiscono se stessi come vittime di circostanze e del sistema, e solo attraverso percorsi guidati possono elaborare il proprio vissuto, assumersi responsabilità e reinserirsi nella società''. Trimarchi ha evidenziato il valore del dialogo strutturato tra vittime, autori e cittadini, un processo che permette di affrontare il dolore e ricostruire legami, aprendosi a prospettive future.
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Franco Lozza, socio de L’Innominato APS, giornalista e videomaker, ha condiviso la sua esperienza diretta come cittadino partecipante ai cerchi ristorativi, sottolineando la trasformazione che avviene nel momento in cui si decide di stare “dentro” il percorso: ''All’inizio non sapevo quale fosse il mio ruolo, ma man mano ho capito che il cittadino ha un ruolo attivo nel creare condizioni perché nascano nuove relazioni. Non è un ascolto passivo: senti la sofferenza, le emozioni, la rabbia e impari a entrare nella tua storia, confrontandoti con responsabilità e possibilità di cambiamento''. Lozza ha spiegato come anche l’esperienza diretta con vittime di reato gravi, e autori che spesso hanno vissuto sofferenze personali, permetta di comprendere l’importanza della giustizia riparativa e della costruzione di legami concreti nella comunità.
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Il dialogo ha incluso anche gli interventi dei saluti istituzionali, con l’assessore al Welfare del Comune di Lecco, Emanuele Manzoni, che ha evidenziato l’importanza di camminare insieme, passo dopo passo, verso una giustizia più consapevole e partecipata, e dell’assessore Giovanni Cattaneo, che ha sottolineato il ruolo educativo e di esempio verso le nuove generazioni.
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L’incontro ha così restituito al pubblico la misura di cosa significhi giustizia riparativa: un approccio che non cancella il dolore, ma lo attraversa, dando possibilità di ascolto, dialogo e riconciliazione. È una giustizia che apre la strada a una comunità più viva, capace di imparare dall’esperienza di chi ha sbagliato, senza dimenticare chi ha subito. È la sfida di trasformare il dolore in responsabilità condivisa, la punizione in opportunità di cambiamento, la distanza tra le persone in prossimità. Una giustizia che insegna, passo dopo passo, che camminare insieme è possibile, anche nelle pieghe più fragili della società.
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Alla fine della serata, rimane la sensazione profonda che la giustizia riparativa non sia solo un concetto teorico, ma un’esperienza viva, capace di mettere in gioco tutti: cittadini, istituzioni, vittime, autori di reato. In quel cerchio, in quel dialogo, emerge la possibilità che ogni ferita possa essere riconosciuta, ogni storia ascoltata, e ogni comunità un po’ più umana. La giustizia che guarda alle persone, e non solo alle norme, costruisce ponti, restituisce dignità e apre spiragli di futuro: una possibilità concreta di guardare oltre il dolore e ricominciare insieme, consapevoli che ogni passo verso l’altro è un passo verso la comunità che vogliamo.
G.D.
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