Qualche considerazione "provocatoria" sulla questione della nuova Lecco-Bergamo

Ill.ma Redazione,
 
mi permetto di proporre alcune considerazioni “provocatorie” sulla questione della “variante Vercurago” - ovvero il tunnel tra il rione di Chiuso e la zona del Lavello di Calolziocorte - della Lecco-Bergamo, opera dibattuta ormai da anni e che tale rimarrà ancora a lungo, temo, anche in forza degli ultimi sviluppi comunicati da Regione Lombardia circa l’impossibilità di cambiare il progetto pur a fronte delle numerose criticità emerse e delle relative contestazioni. Sono considerazioni funzionalmente “provocatorie”, queste mie, al fine di alimentare il dibattito nel modo più compiuto possibile e lontano da meri posizionamenti di parte, qualsiasi essi siano.
 
Prima considerazione: siamo proprio sicuri che la variante (costo al momento di 253 milioni di Euro dei quali solo 160 finanziati, per ora), così come è prevista dal progetto ma pure viste le modifiche ad esso ventilate, risolverà il problema del traffico nel tratto di Lecco-Bergamo in questione? L’arteria, sulla quale transitano circa 30.000 veicoli al giorni dei quali 5.000 sono mezzi pesanti, è un coacervo di rotatorie, innesti laterali, passaggi pedonali; di sicuro il famigerato semaforo di Vercurago è uno degli ostacoli più importanti alla circolazione sulla tratta, ma il rischio che la galleria Chiuso-Lavello non faccia altro che dislocare i rallentamenti altrove sul tracciato è consistente, dalle rotonde lungo i viali Ticozzi e Brodolini a quella già oggi problematica di Chiuso, dove c’è l’ingresso nord della galleria, a quelle del Lavello e oltre verso Cisano. Detto in altri termini, il rischio è di spendere centinaia di milioni solo per ritrovarsi comunque in colonna non più a Vercurago ma altrove tra Lecco e Sala di Calolziocorte. Senza contare che l’ingentissimo traffico della strada, dislocato col proprio rumore e con lo smog sul lungolago del Lavello, rovinerà irrimediabilmente la zona, una delle poche nei pressi del centro di Calolziocorte nella quale si possa passeggiare nel verde – situazione non paragonabile, per inciso, alla zona di passeggio apparentemente simile tra Rivabella e il Bione, dotata invero di spazi maggiori e più vivibile. Se non sarà attuata l’apertura contemporanea e consequenziale dell’intera tratta Lecco-Cisano Bergamasco è probabile che i problemi viabilistici della tratta permarranno e forse peggioreranno pure, rendendo sostanzialmente inutili le tratte parziali e sprecati i finanziamenti investiti.
 
Seconda considerazione, conseguente alla prima: e se la “soluzione” migliore al progetto della variante di Vercurago fosse… non realizzarla proprio? Posti i rischi sopra delineati che la galleria non risolva affatto il problema viabilistico sull’arteria – in parole povere, che il tempo impiegato per andare in auto da Calolziocorte a Lecco e viceversa resti lo stesso o peggiori – e il fatto, lapalissiano, che uno dei gangli fondamentali sul percorso è il semaforo di Vercurago, se già ci si impegnasse realmente a pensare come procedere al suo spegnimento senza danneggiare troppo gli automobilisti vercuraghesi ma al contempo agevolando il transito di tutti gli altri che ad oggi sopportano il maggior disagio al riguardo, parte del problema verrebbe risolto o quanto meno alleviato risparmiando centinaia di milioni di soldi pubblici ed evitando i rischi suddetti. Soldi pubblici che potrebbero – e dovrebbero – essere investiti per un progetto ben più strutturato e organico che riorganizzi l’intera viabilità tra il lecchese e la bergamasca occidentale, uno dei territori più antropizzati e industrializzati della Lombardia ma ancora dotato di strade di origine ottocentesca: a partire, ad esempio, dall’idea di una galleria ben più lunga, tra Belledo e Sala di Calolziocorte, che salti d’un colpo la tratta attualmente più ingolfata della Lecco-Bergamo. Costerebbe molto di più, certamente, ma apporterebbe vantaggi ben più chiari e durevoli tanto ai fruitori della strada quanto ai residenti delle zone coinvolte.
 
Infine, terza considerazione a sua volta conseguente alle due precedenti: e se i soldi pubblici venissero spesi anche per implementare e migliorare realmente il trasporto pubblico, quello su rotaia in primis, nel territorio in questione? Quante auto in meno potrebbero esserci sulla strada tra Calolziocorte e Lecco se i trasporti ferroviari fossero frequenti, funzionali ed efficienti come si confà ad un paese veramente civile e avanzato e a una zona così densamente abitata? E ugualmente quanti mezzi pesanti in meno transiterebbero se si tornasse a investire seriamente nella logistica ferroviaria in un territorio, ribadisco, tra i più industrializzati della Lombardia e per ciò bisognoso di ben altri riguardi in merito?
 
Chiudo con una riflessione, di nuovo consequenziale a quanto fin qui considerato: è scientificamente provato – ad esempio dal Paradosso di Braess, dal nome del matematico tedesco che lo elaborò a fine anni Sessanta – che più si costruiscono strade, più il traffico aumenta così come aumentano i tempi di percorrenza. Verrebbe da pensare il contrario e non a caso si tratta di un fenomeno controintuitivo, tuttavia, forse ancora più della sua dimostrazione scientifica, basta constatare lo stato della viabilità sulle nostre strade per rendersi conto della sua tangibilità.
 
Come detto, sarebbe probabilmente più opportuno elaborare e lavorare attorno a nuovi paradigmi strategici sulla circolazione pubblica e privata delle persone nei territori come i nostri, meglio concepiti, più consoni ai territori, più sostenibili e maggiormente attenti al benessere delle persone. È un dovere delle istituzioni che governano i nostri territori e un diritto di noi che li abitiamo e viviamo quotidianamente.
Luca Rota
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