'Il mito greco guarisce': una serata con Andrea Vitali a cura di ASST Lecco

L’antico mito greco di Elena nella “variazione” di uno dei grandi poeti ellenici del Novecento, Ghiannis Ritsos, è stato al centro, ieri, della prima delle due serate di “Salute, sanità, cultura” promosse dall’Azienda ospedaliera di Lecco al cinema “Nuovo Aquilone”. 
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Paola Nessi, Andrea Vitali e Sara Vitali

Una lettura teatrale non dal vivo, ma racchiusa in uno straordinario filmato di 40 minuti per la regia di Paola Nessi. Ripresi su un palcoscenico a presentare il poemetto di Ritsos, lo scrittore Andrea Vitali che già sapevamo lettore bravissimo e una sorprendente Sara Vitali, editrice di professione ma con indubbie doti attoriali.
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Entrambi in un bianco e nero che ne imponeva la presenza su sfondi colorati e cangianti, avvolti da un pulviscolo che creava un’atmosfera sospesa nel tempo. E sarebbe un peccato se questo filmato ora dovesse inabissarsi ed essere dimenticato in qualche ufficio dell’Azienda sanitaria. Meriterebbe infatti d’essere riproposto, magari anche nelle scuole ad accompagnare i docenti come «la grande professoressa» che ebbe Andrea Vitali al liceo e che proponeva gli antichi miti greci senza annoiare, ma appassionando i ragazzi, tanto che quella passione sarebbe durata nel tempo, come un seme che germoglia.
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Nell’introdurre la serata, il direttore generale dell’Azienda sanitaria, Marco Trivelli, ha spiegato come anche questa iniziativa si inserisca nel programma di celebrazioni dei venticinque anni del trasferimento dell’ospedale lecchese dalla vecchia struttura di via Ghislanzoni alla nuova di via dell’Eremo «che fu un grande avvenimento».
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«Volevamo anche offrire qualcosa alla città – ha detto – e allora abbiamo pensato di contattare Andrea Vitali, un narratore formidabile, un narratore di questa terra e anche un medico. Volevamo capire la storia della medicina, come lui l’avesse vista cambiare. Ci siamo incontrati, abbiamo parlato a lungo, un po’ di tutto, e sembrava che non si arrivasse a un’idea. Poi, lui ci ha detto che si stava interessando alla tragedia greca, al mondo greco, lo stava studiando, ne era appassionato. Sì, noi siamo debitori della Grecia, lì è nata la medicina. Però non è nata l’idea di sanità, di cura. Nemmeno con i Romani: è nata con il Cristianesimo. E allora dove stava il nesso? Ma Vitali l’ha proposto e bisogna rispettare la libertà dell’artista. Però, il nesso è la differenza che tanto fa capire: vivere l’atmosfera, immedesimarsi. E così, come si capiva nel mondo greco, si capisce anche cosa significhi curare oggi. Ed ecco la sorpresa, la radice vera di cosa vuol dire curare. Chiedendosi chi è l’uomo. Una domanda sempre viva».
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Andrea Vitali ha poi spiegato: «Quando mi è stato chiesto di fare qualcosa, incoscientemente ho detto subito “sì”. E altrettanto incosciente è stata Sara Vitali, quando le ho girato la proposta. Perché Elena? Di solito, quando aspetto uno di quei treni che non arrivano mai, ho sempre un libro con me. Un giorno avevo appunto le “Variazioni” di Ritsos e mi sono sorpreso a leggere a mezza voce. Alzo lo sguardo e vedo un ragazzo che mi guarda. Mi scuso. E lui mi risponde che no, che è bello vedere uno che legge e s’appassiona in quel modo. Elena è una figura fondamentale del mito greco: Elena la distruttrice, Elena che provoca guerra, una figura incredibile». 
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«Nella guerra di Troia muoiono tutti, se ne salva solo uno che però impiega dieci anni a tornare a casa» ha proseguito. «Questa figura viene poi reinterpretata successivamente da molti altri. Il primo fu Stesicoro, ma la sua opera è andata tutta perduta. Euripide però la conosceva ed è lui che riprende il mito, pur facendo vivere Elena in Egitto dove trova Menelao che la riporta a Sparta. E la città di Troia è solo una nuvola. Euripide non è nuovo a queste trasgressioni, era più vicino agli uomini che agli dei, era antimilitarista in un’epoca in cui Atene e Sparta erano in guerra, e quella di Troia ne è la metafora. E proprio per il suo antimilitarismo, Euripide viene oltraggiato e disprezzato, in vita e dopo la morte. Tra il maggio e l’agosto del 1970, Ritsos mette le mani su questo tema. Ed è un poema che inizia in maniera pessimista. E non poteva essere diversamente, vista la vita di Ritsos: incarcerato, esiliato, ammalato di tubercolosi, sofferente per molti lutti famigliari. E nel poema c’è un’Elena che processa la sua vita. E pare di intuire un messaggio: stare bene attenti ai pericoli che la vita può offrire, non tener conto di certe sirene e di certe vanità che ti lasciano, come si dice, con un pugno di mosche. E alla fine, Elena pare quasi sorridente per il ricordo di quelle piccole felicità che porta fino alla fine. Elena che guarda alla vita pervasa da una saggezza quasi olimpica. Per me, questa lettura è salute. Ed è una cosa che i libri sanno fare».
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Poi la proiezione e alla fine qualche intervento dal pubblico e una riflessione di Trivelli su come anche le parole di Ritsos possono servire in questo momento di «crisi della sanità». Che – ci sia permesso chiosare – deriva però anche da scelte politiche, ma questo è già un altro discorso. Per quanto il senso del “potere” sia grande parte della tragedia greca.
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Il prossimo appuntamento del ciclo “Salute, sanità, cultura” è in calendario per mercoledì 26 novembre, sempre alle 20.30 al cinema Nuovo Aquilone con la storica dell’arte Simona Bartolena con una relazione su “Storia della cura nell’arte tra simbolo, gesto e rappresentazione. Info e prenotazioni: www.asst-lecco.it/33137-2/.
D.C.
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