In viaggio a tempo indeterminato/328: in Giappone istruzioni per tutto

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C'è una cosa che i giapponesi sanno fare benissimo: scrivere le istruzioni.

Ci sono istruzioni per quasi qualunque cosa in questo Paese. Istruzioni su come mangiare, come fare pipì, come guidare, come aprire confezioni.

E l'effetto che fanno su di me è sempre duplice. Da un lato penso "ma che carini che ti spiegano esattamente come devi fare le cose!". Dall'altro si insinua in me il dubbio di non essere più in grado di compiere anche i più basilari gesti se non ci sono dei disegnini a illustrarmi i passaggi da seguire.

A pensarci bene sono infide le istruzioni. Sono delle bulle travestite da nonnina buona.

Dovrebbero aiutarti a fare bene una certa azione ma in realtà sotto sotto stanno insinuando che sei un'incapace o che hai sempre sbagliato a farla.

Perché la caratteristica dei cartelli delle istruzioni giapponesi è che sono tanto più dettagliati quanto più l'azione da compiere sembra banale.

Un esempio su tutti: il bagno.

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Diciamo che a grandi linee tutti sappiamo come si usa un bagno. Te lo insegnano quando sei bambino e ti tolgono il pannolino per passare alla fase vasino. Credo che la formazione arrivi in quegli anni e nei successivi passi solo il tempo a perfezionare la tecnica.

Le basi però più o meno le sai. È un po' come andare in bicicletta, quando inizi non lo dimentichi più come si fa.

Ecco, poi arrivi in Giappone, entri in un bagno e quando chiudi la porta ti viene lo sconforto.

Ci sono cartelli con le istruzioni ovunque.

Si parte da quelli più semplici che ti dicono di sederti e di non arrampicarti sulla tavoletta, a quelli che ti spiegano come impostare correttamente la potenza del getto che andrà a ripulire il tutto dopo l'utilizzo.

E per concludere ci sono quelli che ti illustrano come ripiegare perfettamente l'assorbente prima di riporlo nell'apposito cestino che generalmente ha le dimensioni di una scatoletta di tonno.

Lo so cosa starai pensando: "vabbè basta non guardarle!". Sembra facile, ma volente o nolente l'occhio ci cade, anche perché i disegnini come li fanno i giapponesi non li fa nessuno. E mentre sorridi pensando al disegnatore che ha ideato quelle immagini, le tue certezze iniziano a vacillare e ti chiedi se hai mai chiuso così bene un assorbente prima di buttarlo.

Ma al di là del bagno, le istruzioni per l'uso sono davvero ovunque e il peggio è quando non ci sono i disegnini ma solo una serie di kanji che pure Google fa fatica a tradurre.

Lì un po' mi sale l'ansia e mi viene da pensare che quel cartello con un triangolo e un punto esclamativo stia avvertendo di non premere quel pulsante perché potrebbe provocare un evento catastrofico, tipo far partire in loop la canzone del "Pulcino Pio" in giapponese.

In linea di massima, però, le spiegazioni sono piuttosto semplici e chiare indipendentemente dalla lingua che si parla. Credo che la famosa azienda svedese si sia ispirata ai giapponesi per le sue istruzioni su come montare i mobili.

Tipo il cartello che ho trovato in un sento (bagno pubblico) qualche tempo fa e che secondo me era disegnato in modo ironico ma chiaro ed efficace.

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Tra l'altro, leggere i comportamenti da non tenere all'interno di un bagno pubblico mi ha fatto parecchio riflettere sul fatto che, dietro ad ogni cultura, esistano una quantità infinita di regole non dette. E ogni Paese ha le sue.

Sono gesti a volte così piccoli da diventare scontati e banali per chi vive immerso in quella cultura ma risultano bizzarri o affascinanti per chi invece viene da lontano.

Il primo esempio che mi è venuto in mente sono i guanti al supermercato. Se non ti metti il guanto di plastica per scegliere la frutta al supermercato in Italia, ricevi sguardi così disgustati e accusatori da convincerti di aver appena causato la prossima pandemia mondiale solo per aver toccato un'arancia.

Poi vai all'estero e quei guanti, nella maggior parte dei casi, non esistono. Al loro posto altre regole non scritte, tipo che in Giappone le cassiere non toccano mai i soldi ma li devi inserire in una macchinetta.

Paese che vai, usanza che trovi, recita un proverbio e devo ammettere che è proprio quello il bello del viaggio. Se tutto il mondo fosse uguale sai che noia. Ok, la globalizzazione un cicinin sta appiattendo le differenze, ma sono convinta che finché in Italia si continuerà a non mettere il ketchup sugli spaghetti e in Asia continueranno ad usare le bacchette un minimo di identità lo manterremo tutti.

Ok, lo so il discorso sarebbe molto più complesso ma il punto di questo scritto è un altro e siccome delle istruzioni su come valorizzare "la bellezza della diversità" non le ho trovate, mi limiterò a raccontare del cartello che ho visto in un parco.

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Perché una delle cose più divertenti dei cartelli delle istruzioni è interpretarli in modo fantasioso.

Tipo il cartello sopra sta dicendo di non ballare la breakdance, di non strappare dei fiori pesantissimi, di non farsi annusare da un cane, che blu e giallo non si abbinano nemmeno in motorino, di non giocare a golf con i canarini, di non fare la spaccata in volo, di non alzare le mani davanti ai fuochi d'artificio, di non cucinare pozioni e di non bere vino blu. Tutto il resto sembra essere concesso, a meno che non parli giapponese e allora sai cosa c'è scritto sotto.

A parte gli scherzi comunque, ci sono volte in cui non capire quello che si legge è divertente, altre invece in cui è preoccupante.

Tipo le istruzioni su cosa fare in caso di tsunami che ogni volta che vedo quel cartello con l'icona dell'onda alta un pochino di ansia mi viene. Ed è in quei momenti che mi ricordo che uno dei superpoteri che vorrei avere è parlare e leggere tutte le lingue del mondo.

Avere delle istruzioni che ti mostrano come fare le cose sicuramente facilita alcune azioni ma al tempo stesso le rende un po' prevedibili e ripetitive.

A pensarci bene è un po' così tutta la vita. Quando nasci è come se ti dessero delle istruzioni da seguire per avere una "vita perfetta": cresci, studia, lavora, fai famiglia ecc ecc...poi sta a te decidere come interpretarle, se seguirle alla lettera o vedere qualcosa di diverso in quei disegnini e riscrivere la tua storia.

Angela (e Paolo)
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