Calolzio: le proposte degli studenti del 'Poli' per l'ex scuola di Sala

Come riconosciuto anche dal sindaco Marco Ghezzi, non hanno proposto voli pindarici, ma idee progettuali con una base di “concretezza”, data dallo studio della storia del paese o dall'analisi di bisogni, più o meno generali, calati nella realtà calolziese.
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Ipotizzando altresì – come aggiunto poi dall'architetto Mauro Bonfanti – anche a livello tecnico soluzioni certamente originali e dunque apprezzabili per ovviare alle “insidie” proprie dell'immobile, dall'ingresso dal tetto alle finestre serre, giusto per citare due elementi che hanno colpito anche il professionista, seduto al tavolo dei relatori con il consigliere di Cambia Calolzio Diego Colosimo, “motore” dell'iniziativa. 
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Nella serata di ieri, domenica 5 maggio, la sala consiliare del Municipio ha ospitato la presentazione degli elaborati firmati da alcuni studenti del Politecnico di Milano che, nell'ambito del Laboratorio di Conservazione dell'Edilizia Storica dei professori Francesca Albani e Nicolò Riva, hanno immaginato di dare una seconda vita all'ex scuola elementare di Sala, progettata negli anni '60 dagli architetti Giuseppe Gambirasio, Walter Barbero, Baran Ciagà e Giorgio Zenoni e sottoposta, su richiesta di quest'ultimo, l'unico ancora vivente, a vincolo di salvaguardia dal Ministero per i Beni Culturali. 
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Non abbattibile, come era invece nelle intenzioni dell'amministrazione comunale, intenzionata a recuperare volumetria per la realizzazione di una nuova palestra (ottenendo così la necessaria copertura finanziaria tramite il GSE), l'immobile giace in disuso dal 2007 e dunque dell'inaugurazione del nuovo plesso che, di fatto, lo sovrasta. 
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E proprio la prossimità fisica tra i due immobili è stata tenuta in considerazione dai primi due gruppi di studenti che si sono avvicendati alla lavagna interattiva della sala consiliare per esporre al pubblico – non particolarmente numeroso, ma attento – le loro proposte di rifunzionalizzazione di quello strano stabile, dalle finestre ad oblò, con scale anche interne ai singoli ambienti, progettato con un aspetto giocoso ma, indubbiamente, non favorevole per persone con problemi di movimento.
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Federico Benatti e Federico Bergomi, con altri due compagni, hanno addirittura pensato di congiungere “nuova” e “vecchia” scuola con un ponte, con sbocco sul tetto di quest'ultima - da vedere come una passerella green con piantumazioni e sedute – con la struttura riletta “come se fosse una casa sull'albero”, sfruttando la suggestione data dal verde che, già oggi, anche forse eccessivamente, le si è sviluppato intorno.
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Gli spazi interni, riadattati, sono stati immaginati per ospitare laboratori e aule speciali, al servizio della primaria, durante l'orario scolastico, ma anche corsi, riunioni e altre attività nel dopo-scuola e ancora per essere sfruttate anche nei mesi estivi, quale location per un summer camp, inserendo anche una palestrina, un teatrino e, all'esterno,  delle casette in legno da destinare alla didattica sperimentale. 
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Anche il gruppo rappresentato ieri da Alessandra Gnocchi e Ludovica Vimercati ha lavorato ad un progetto per riattivare una scuola... nell'ex scuola. Ed in particolare ha pensato a una scuola di musica, ispirandosi alla storia di Calolzio, centro che ha visto la nascita nel 1823 di una “società filodrammatica” e poi dei Corpi Musicali Donizzetti e Verdi, prevedendo locali al servizio della primaria, ma anche aperti alla cittadinanza, incluso, per esempio, un bar affacciato sul giardino.
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Con il terzo progetto – illustrato da Rachele Mignani – si è cambiata invece prospettiva, iniziando a parlare di “special housing” e dunque di una destinazione residenziale, strizzando però l'occhio all'accessibilità sociale e dunque a quelle categorie che faticano a trovare spazio nel libero mercato del mattone, quali studenti e giovani coppie. Previsti così alloggi, due dei quali messi a punto per persone disabili, affacciati su un ballatoio esterno, voluto anche per favorire la socialità, stessa funzione assegnata anche agli ambienti comuni, dalla lavanderia al co-working. 
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L'architetto Mauro Bonfanti

Un qualcosa che – senza saperlo - richiama anche studio di prefattibilità per la rifunzionalizzazione dell'edificio a residenza sociale proposto, già mesi, fa dal un pool di tecnici gravitanti attorno all'architetto Giorgio Zenoni e agli eredi degli altri “papà” dell'ex scuola, ripresentato sinteticamente dall'architetto Bonfanti, sottolineando come il loro progetto, pur non “affinato”, sia concretamente realizzabile, aggirando quella rigidità propria – a livello architettonico – dello stabile.
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E ha pensato ad alloggi (ma anche ad altro) anche l'ultimo team di studenti -  rappresentato da Aurora Gerli e Gabriel Frappi – che ha lavorato per concretizzare, inserendoli nel “disegno”, i “desiderata” di Cambia Calolzio. Interfacciandosi con Diego Colosimo, i ragazzi hanno innestato una serie di appartamenti per universitari  – con un grado di “privacy” differenziato in base al livello di socialità dello studente - al primo piano, occupando invece gli altri ambienti con ambulatori medici e spazi per i giovani, ricavando anche aree studio all'esterno. 
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Diego Colosimo

“Questa sera ho visto idee belle, forti, accomunate dal riconoscimento del bene come da tutelare, ma al tempo stesso capaci di dare all'ex scuola funzioni differenti, in base alle analisi che avete condotto” ha commentato lo stesso capogruppo d'opposizione, rivolgendosi a tutti gli intervenuti, annunciando di essere impegnato nella stesura di un testo da inviare poi agli enti superiori – dalla Regione alle articolazioni del Governo – per chiedere, dopo aver ottenuto il vincolo sull'immobile, anche le necessarie risorse per la sua riconversione.
Un tema, quello dei finanziamenti, sicuramente non secondario, ovviamente, come argomentato anche dal sindaco Ghezzi. Pur riconoscendo come le destinazioni d'uso proposte dai ragazzi siano indubbiamente interessanti e abbiano un loro “perché”, il sindaco ha richiamato l'attenzione sulla “sostenibilità” delle stesse, non solo in termini di capitale da trovare per realizzare l'intervento, ma anche sui costi poi in capo all'ente pubblico per mantenere la struttura. Su “economicità, efficacia e efficienza”, insomma, per usare i termini scelti dal primo cittadino.
A.M.
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